Gens Tiberina nasce da una domanda che molti romani si fanno: come mai il Tevere è così poco vissuto dai romani stessi? A parte i turisti, i runner e qualche canottiere che lo esplora in superficie, è raro vedere il fiume come punto di ritrovo o relax. Da qui nasce il mio sogno di un Tevere diverso: un luogo dove passeggiare in tranquillità, prendere il sole o rilassarsi con le gambe penzoloni sull’acqua, magari gustandosi un aperitivo al tramonto – e no, non intendo uno di quei postacci arredati con prato finto e narghilè.
In Gens Tiberina, invece, troviamo una Roma autentica, ma non quella da copertina patinata. In apparenza è una veduta “classica”: il Tevere che scorre tranquillo, sullo sfondo la cupola di San Pietro e l’inconfondibile profilo di Castel Sant’Angelo e del Ponte degli Angeli. Ma basta uno sguardo più attento per accorgersi che sotto quella superficie idilliaca si nascondono dettagli che raccontano una storia diversa.
Roma è una città viva, caotica e, soprattutto, imprevedibile. E il Tevere, con la sua fauna urbana, non fa eccezione. Mentre disegnavo questo manifesto, ho pensato agli “abitanti” non ufficiali del fiume, quelli che ti fanno dire: “Ma sta succedendo davvero?”. Così, tra le sue acque e le sue rive, compaiono insoliti personaggi.
C’è il cinghiale che si avvicina all’acqua, ormai cittadino onorario romano, un gabbiano che trascina un sacchetto di immondizia come fosse un trofeo, una nutria che galleggia su un monopattino e una bici elettrica che affonda pian piano. È quasi un ecosistema a parte, che rappresenta un lato grottesco e vero di Roma.
E poi ci sono gli elementi nascosti, quelli che solo chi conosce davvero Roma può cogliere. Ho aggiunto una ciclabile che finisce contro un muro, come a dire che le buone idee in città spesso si schiantano contro la realtà. E sotto al ponte, naturalmente, non poteva mancare qualche tenda: un’ombra malinconica e reale che ci ricorda il degrado e le difficoltà sociali che Roma, con tutta la sua storia e bellezza, non riesce a risolvere. E infine un graffito, che nel suo tono disperato e romantico grida: “IL MIO CORE BRUCIA PE' TE COME N’AUTOBUS DELL’ATAC”. Una dichiarazione d’amore alla romana, tra poesia e caos, che dice tutto sulla nostra relazione conflittuale con questa città.
C’è qualcosa di tragicamente bello in questa Roma, che resiste nonostante tutto, e Gens Tiberina ne è il manifesto. Un invito a fermarsi, a osservare, a capire che la città che amiamo è tanto splendida quanto fragile. A te che stai leggendo: ti sei mai trovato a fare uno di quei sogni ad occhi aperti su una Roma “perfetta”? Dimmi la tua! Lascia un commento, fammi sapere se il Tevere che vedi nel mio manifesto ti ha fatto sorridere, riflettere o magari innamorare un po’ di più della nostra Roma, anche con tutti i suoi “abitanti” particolari.